Il signoraggio si presenta nel momento in cui i redditi di una banca centrale o dello stesso stato permettono la creazione della moneta in condizioni di monopolio, proprio come accade da noi in Italia, e perlopiù in tutti gli stati moderni.

La crisi economica degli ultimi mesi e le ingenti difficoltà finanziarie hanno però incoraggiato alla formazione di una nuova locuzione, che vuole esprimere tutto il disappunto sull’operato bancario, il quale approfitta di questo potere per arricchirsi a suo piacimento, e che oramai sta prendendo il largo soprattutto sul canale virtuale con l’appellativo di signoraggio bancario.

La definizione si discosta dalla prima poc’anzi esplicata, in quanto si riferisce alla classe di banchieri che tende a creare a sua discrezione quante più banconote servono, per poi prestarle allo stato richiedendo come compenso il valore nominale della stessa banconota stampata, secondo il corrispettivo di obbligazioni di tipo governativo.

In pratica funziona così: sappiamo che le monete vengono direttamente coniate dalla zecca dello Stato, diversamente accade per le banconote, che sono stampate dalla banca centrale la quale non appartiene allo stato ma a società private che agiscono a scopo di lucro, le cosiddette Spa.

Per tale motivo le banconote vengono prestate allo stato secondo il loro valore nominale, ossia il loro potere d’acquisto, lungi dal valore intrinseco che si ferma ai soli costi di produzione, di gran lunga meno esosi.

A ciò dobbiamo aggiungere i tassi d’interesse che gravano sul prestito stesso, detti tassi di sconto, che in Italia sono del 2,5%, per cui è facile comprendere il guadagno netto della banca in seguito alla trasmissione di danaro che, a conti fatti, è stato prodotto con costi davvero marginali.